In tanti almeno una volta nella vita ci siamo lamentati di come vanno le cose a lavoro: per un capo severo, per tensioni con i colleghi, per l’esperienza di un insuccesso. Nonostante ciò possiamo dire di essere felici del nostro lavoro? Probabilmente sì (“lamentati per stare bene” si dice)!
Eppure la felicità sul posto di lavoro è una dimensione molto complessa, dovuta ad aspetti endogeni ed esogeni. I primi hanno a che fare con il profilo personologico della singola persona (chi ha un tratto depressivo tenderà ad essere infelice in qualsiasi esperienza di vita). Gli aspetti esogeni, invece, sono correlati all’andamento di due importanti costrutti: la cultura organizzativa, ovvero il rapporto che vi è tra il dipendente e il datore di lavoro a livello di condivisione della visione strategica e delle tattiche adottate, e il clima aziendale, ovvero la qualità delle interazioni tra le persone che lavorano insieme condividendo obiettivi.
Volendo approfondire, le principali subdimensioni sotto i due costrutti a cui è collegata la felicità del lavoro sono:
● Interesse per il settore lavorativo.
● Stima verso il datore di lavoro
● Visione del futuro aziendale.
● Rapporto con i superiori e con i colleghi.
● Parità di genere e/o etnia.
● Qualità comunicazione interna.
● Quantità di assenze dal lavoro.
● Errori, rework, cessione o abbandono pratiche.
● Gratificazione umana ed economica percepita.
● Possibilità di crescita.
Importanti autori come Cary L. Cooper, Stephen J. Sloan e Stephen Williams si sono occupati di questi e altri aspetti che riguardano la qualità di vita della persona nel luogo di lavoro, da loro infatti è stato sviluppato il famoso test “O.S.I.” che contiene anche una sezione in cui si misura la felicità sul luogo di lavoro.
Se guardiamo al passato i lavoratori hanno sicuramente sofferto molto (datori di lavoro tirannici, sfruttamento, esaltazione del dovere e del sacrificio, rischi per la salute e la vita); solo dalla seconda metà degli anni ‘70 argomenti come benessere, salute e sicurezza sul luogo di lavoro sono diventati oggetto di importanti lavori di ricerca scientifica, con la rivista accademica “Work & Stress” vetrina di importantissime pubblicazioni che hanno definitivamente cambiato il modo di vedere il lavoro ed il lavoratore. Nonostante ciò e nonostante negli anni le normative abbiano tentato di regolare meglio questi aspetti (ad es. il D.Lgs 81/2008 in Italia), solo alcuni imprenditori davvero intelligenti hanno compreso pienamente che la qualità di vita sul luogo di lavoro è un vantaggio per l’impresa (Sogesa, per esempio, ha richiesto un mio intervento per intraprende un percorso di miglioramento del grado di felicità sul posto di lavoro, partendo appunto dalla misurazione di esso): chi è felice lavora meglio, se si lavora meglio l’impresa cresce!
Non scordiamo, infine, che il posto di lavoro è il luogo dove passiamo la maggior parte della nostra vita, per questo è molto importante che si possa lavorare felicemente. Diversamente si rischia l’insorgenza di disturbi depressivi causati dal reiterarsi degli stati di basso umore.
Indipendentemente dalle caratteristiche del nostro luogo di lavoro, noi cosa possiamo fare a livello personale per coltivare la felicità lavorativa? Un primo segreto è quello di organizzarsi con piccoli obiettivi da raggiungere ed imparare a gratificarsi al raggiungimento di questi (sganciati dal giudizio del prossimo). Sempre molto utile è lo stringere relazioni con i colleghi anche fuori dal luogo di lavoro, poiché la relazione con il prossimo ci arricchisce emotivamente.
Fare un lavoro che piace molto sicuramente aiuta, ma anche quando lavoriamo per bisogno e non per passione non scordiamo di attivare al massimo il sistema motivazionale dell’esplorazione: scopriremo che qualsiasi esperienza può diventare appassionante con il giusto approccio!