«Tutto ciò che la natura ha di grande, tutto ciò che ha di piacevole, tutto ciò che ha di terribile, si può paragonare all’Etna e l’Etna non si può paragonare a nulla». Parole di Dominique Vivand Denon, scritte nel suo «Voyage en Sicilie». Correva l’anno 1788.
L’Etna è sempre stato considerato, dagli italiani, un vulcano affascinante, ma tutto sommato «tranquillo». Eppure ultimamente si sta ricordando di essere tra i vulcani più attivi al mondo, forse in questo momento è addirittura il più attivo del globo.
E se nel secolo si poteva considerare l’Etna un vulcano «effusivo», ora si osserva che negli ultimi decenni ha avuto tante fasi esplosive: al 2021 se ne contano parecchie, anche se solo fino al 1911 in cima c’era solo il cratere centrale.
Ma questi fenomeni sono pericolosi per persone e le abitazioni? Beh, i vulcanologi ci dicono che, trascorsi un certo numero di anni, sull’Etna si verificano eruzioni laterali e che oggi il vulcano si sta letteralmente «ricaricando» come quella volta, nel 1992, quando ha minacciato l’abitato di Zafferana. O quando nel 1981 a rischiare è stato il paese di Randazzo.
Rischio, ecco la parola chiave. Perché se è vero (e lo speriamo tutti) che l’Etna continuerà a essere, nonostante qualche «colpo di testa» il maestoso simbolo di Catania e non una minaccia per quella terra benedetta da Dio, è altrettanto vero che noi comuni mortali – geologi e vulcanologi compresi – non abbiamo per le mani la sfera di cristallo. E dobbiamo ragionare come l’FBI: non su ciò che è probabile, ma ciò che è possibile. E proteggerci, di conseguenza.
È probabile che l’Etna devasti abitazioni e metta a rischio persone? Pare di no. Speriamo!
È teoricamente possibile? Sì. E allora qui si apre un mondo. Il mondo del mercato assicurativo italiano, che è uno dei più «sottoassicurati» nel panorama mondiale. Manca ancora, nel Belpaese, la «cultura del rischio».
Quanti nei pressi della Città dell’Elefante, hanno pensato a mettere in salvo la propria abitazione con una assicurazione catastrofale? Non disponiamo di dati precisi, ma sappiamo che sono pochi. Troppo pochi E i rischi non sono solo rappresentati da quel gioiello della natura che è il vulcano con la «ciambella» in testa. Ma anche da potenziali terremoti, alluvioni, mareggiate. A Catania, come in tutto lo Stivale.
Certo, dirà chi legge, ma le catastrofali fatte bene costano un botto. E al 99 per cento non succederà mai nulla… Corretto. Ma noi replichiamo: e se invece succedesse, quel «qualcosa»? Siamo davvero disposti a correre il rischio di veder spazzata via casa propria, frutto, magari di sacrifici di una vita Penserete forse che lo Stato interverrebbe in un lampo, ricostruendo, specie in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo?
Nossingnori. Chi scrive vi dà ragione a sostenere che una catastrofale fatta bene costi non poco (noi stessi ne abbiamo appena sottoscritta una per una casa montana in Piemonte dove il rischio sismico è vicino allo zero) ma volete mettere la serenità di sapere che non succede, ma se succede possiamo dormire sereni?
E nessuno pensi di cavarsela con quelle polizze «acchiappa allocchi» che promettono tutto per poche decine di euro. Fidatevi, non servono a nulla. Per stare tranquilli e proteggere – parola chiave – i propri beni occorre fare un piccolo sacrificio. E metabolizzare quella che è la «cultura del rischio». Consapevolmente. Ma di questo ne parleremo, magari, prossimamente, più in generale.
E a chi mi chiede la prima cosa che farei avessi casa nei pressi dell’Etna risponderei: «Andrei dal mio agente professionista di assicurazione di fiducia e mi farei preparare un preventivo per una catastrofale con i contro… insomma quello che non si può scrivere…». E se quella polizza costerà cara, pazienza. Rinuncerei volentieri a qualche cosa d’altro, ma non alla mia sicurezza, a quella dei miei cari e dei mei beni.
Perché la mia casa, la mia famiglia, le mie cose, ma soprattutto la mia serenità, non hanno prezzo.
E, come diceva quella nota pubblicità, prevenire è sempre meglio che curare.
Marco Traverso
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